La settimana appena conclusa è stata piuttosto movimentata: Bankitalia ha fatto sentire la sua voce, scoraggiando gli operatori accreditati dall’esercizio di attività Bitcoin in assenza di norme specifiche.
Quella di Bankitalia è una scelta condivisibile: il nostro governo attualmente non è attrezzato per rendere l’Italia un eldorado delle criptovalute, sebbene gli sforzi di alcuni singoli siano assolutamente apprezzabili e portano i primi timidi riscontri, positivi per tutta la filiera di imprese che poco alla volta si stanno interessando al fenomeno.
La strada è quella giusta, il mercato può maturare in pace: non abbiamo per le mani un clone del Bit License, o le restrittive regole di “money transmitting” che la community americana sta affrontando in queste settimane per aprire la propria attività. Il messaggio che l’associazione vuole dare, contrariamente ai titoli allarmistici che numerosi organi di stampa hanno fatto girare nei giorni passati, è che abbiamo il permesso di esplorare il mondo Bitcoin senza zavorre regolamentari o legislative (facilmente introducibili), concretizzando in parte gli sforzi che nei mesi passati sono stati fatti da questa associazione e da tutti i suoi sostenitori per diffondere un’immagine pulita, professionale e onesta di questo fenomeno.
Qui ci sono i leoni, dicevano gli antichi romani parlando dell’inesplorata Africa, avvertendo chiunque avesse intenzione di avventurarsi che ad aspettarli c’erano le stesse fiere che sbranavano gladiatori nel Colosseo.
Adesso sta all’associazione, i suoi componenti e i suoi sostenitori, dimostrare che al massimo il Bitcoin può essere un fedele e robustissimo strumento, in grado di aiutare l’economia a muoversi laddove le politiche monetarie classiche non arrivano (o non possono arrivare). L’Equador lo sta già facendo (basta un SMS), Varoufakis (il neo-ministro dell’economia nel governo Tsipras) ne conosce già i pregi ed è pronto ad adottarlo.
In Italia, roccaforte conservatrice e a tratti bizantina, si sta chiudendo un occhio. È forse giunto il momento di abbandonare la strada del conflitto e ricordarci che siamo pur sempre dei gattini?